Bastano pochi giorni per affezionarsi alla Città Connessa, che è anche la Perla Medievale, due facce della stessa medaglia a Tallinn. Quando sono arrivata, ero curiosa di scoprire come si mangiasse affacciati sul Mar Baltico. Già da tempo ho scoperto che gli indirizzi segnalati da Wikitravel, applicando il filtro dell’intuito personale, funzionano bene. Non faccio in tempo a provare tutti quelli accanto ai quali ho messo l’asterisco, ma sono fortunata già al primo tentativo. Innanzitutto perché trovo subito posto in un luogo accogliente dove avrei continuato a mangiare a pranzo e cena tutti i giorni. Sta in Rataskaevu, proprio alle spalle della piazza del comune, al numero 8.
È il Giardino di Von Krahl, con cibo biologico, biodinamico, certificato Demeter. Se state immaginando un luogo triste e mesto, cambiate subito idea. Intanto il locale è caldo, romantico e confortevole; poi le persone sono gentili e sorridenti e i clienti discreti e silenziosi. Assaggio un vino navarro mentre leggo attentamente il menù e poi ordino un’insalata del giorno al salmone affumicato e polpette di barbabietola. Scelta felice: il cibo è squisito, creativo, nutriente e sogno ancora il dessert con crema di cioccolato bianco, polvere di mirtillo, biscotto di avena e sorbetto all’ulivello spinoso.
Due porte accanto c’è Vanaema Juures, ovvero “il posto della nonna”: si mangia nella sala da pranzo della nonna, un ambiente familiare per default, con cibi tradizionali e sostanziosi (il menù è nel link) e un’accoglienza calorosa. I dessert sono amorevoli: il rabarbaro al forno sotto una coperta amorevole di crumbs, mirtilli e gelato alla vaniglia: davvero come se la nonna ti rimboccasse le coperte e ti desse un bacio in fronte.
Dopo il Museo del KGB mi incammino verso la fine di via Uus per andare a provare il Leib, consigliato dalla mappa Like a Local, e faccio bene. Sta annidato in un cortile splendido, dove si mangia all’aperto d’estate, sul prato. All’ingresso fanno da anfitrioni due busti di Robert Burns e Sean Connery, ma la Scozia non c’entra niente con lo stile del ristorante che lavora con produttori locali. Leib significa pane in estone, quello nero, sintesi della filosofia degli chef: cibo semplice, fresco, caldo, semplice, onesto, come gli estoni, scrivono sul sito. La gente mangia baciata dal sole, è tutto così rilassante, nessuno urla, i bambini non strepitano, le conversazioni vanno avanti al volume giusto, perfettamente equalizzate. Basterebbe pane scuro e burro per essere felici quassù, davanti a questa tazza di caffè, in questo piccolo Eden senza chiasso, senza auto in doppia fila, clacson e la maleducazione e l’arroganza del Non Più Bel Paese che non mi manca mai quando vado via.
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