David Hepworth è un giornalista musicale di lungo corso, firma di NME, Smash Hits, Mojo, The Word e presentatore per la BBC. Edizioni Sur ha da poco pubblicato in italiano (nell’ottima traduzione di Francesca Pe’) il suo libro 1971, L’anno d’oro del rock: un racconto ricchissimo di aneddoti, retroscena, dettagli, notizie curiose, con digressioni interessanti sulla politica e la società. C’è anche molto gossip, del resto il rock è materia di leggenda. Dopo un po’ che lo leggi, però, cominci a notare qualcosa. Ad esempio che due capolavori come What’s goin’ on di Marvin Gaye e There’s a riot goin’ on di Sly & The Family Stone sono piuttosto maltrattati. Ricorda che il Tema di Shaft vinse l’Oscar come miglior canzone, ma omette il particolare non insignificante che Isaac Hayes fu il primo afroamericano a vincere un Oscar in quella categoria (e a vincere un Oscar non riservato agli attori). Tralascia completamente Roots di Curtis Mayfield e non vi trovano posto Caravan, Van der Graaf Generator, Genesis, Free o i T Rex. Questione di gusti, si dirà.
L’aspetto più irritante è che a un certo punto leggendo 1971 sembra di entrare in uno spogliatoio maschile dopo una partita, con i rock’n’roller eroici, sudati, esaltati, che si danno grandi pacche sulle spalle e dopo la doccia si trasferiscono al pub: seguono birra, rutti, e discorsi su calcio e gnocca. La gnocca, appunto.
Delle donne in 1971 quasi nemmeno l’ombra. Non è questione di quote rosa, si sa che il rock è a predominanza maschile e anche allargando il discorso musicale a pop e dintorni, soprattutto in quegli anni non si può pensare neanche lontanamente a una folta rappresentanza femminile. Tuttavia, soprattutto alla luce dell’influenza che certi dischi usciti nel 1971 hanno avuto nei decenni successivi, qualche sforzo in più David Hepworth lo poteva fare.
Cominciamo dall’inserto fotografico: 12 foto. Donne musiciste: 1, Carly Simon, fotografata con Cat Stevens (due piccioni con una fava). Solo Bowie è fotografato con la moglie; Elton John e Frank Zappa con i genitori. Le altre donne presenti nell’inserto sono appunto una moglie e due mamme. Neanche una foto di Carole King (forse perché meno sexy di Carly Simon?), l’unica donna a meritare nel libro un discorso ampio .
Nella lista finale dei 100 album del 1971, solo 11 sono di donne (più i Carpenters). Nelle playlist mensili da 10 pezzi l’una compaiono 16 canzoni di donne su 120. Queste sono le premesse.
Come già detto, l’unica donna di cui Hepworth parla in modo esteso è Carole King con Tapestry, dedicandole gran parte del mese di febbraio. Ma il 1971 si apre con Pearl di Janis Joplin, uscito postumo l’11 gennaio. E’ il disco di Cry Baby, Me and Bobby McGee, Mercedes Benz, A Woman Left Lonely. Quante righe dedica David Hepworth a Janis e Pearl? 5 quando parla di Me and Bobby McGee. Janis è menzionata altre 6 volte en passant, di cui una perché Leonard Cohen ha fatto sesso con lei (e non il contrario, anche se all’epoca la star era lei e Cohen non era nessuno).
Il 22 giugno esce Blue di Joni Mitchell, pietra miliare della storia della musica: 11 righe (righe, non pagine) sul disco, 3 sul fatto che Joni era risentita perché nel 1970 Rolling Stone l’aveva definita la fidanzatina dell’anno.
Visto che Hepworth parla tanto di Nick Drake, curioso che ignori totalmente capolavori come Songs for the gentle man di Bridget St John, in assoluto l’anima più affine a Drake, Stargazer di Shelagh McDonald e In My Own Time di Karen Dalton. Così come stupisce che trascuri totalmente Laura Nyro, osannata da Elton John, Peter Buck dei REM e Todd Rundgren fra gli altri.
Un aspetto sgradevole del libro è la brutalità e la superficialità con cui tratta le donne: tutto diventa un aneddoto colorito nella grande ed entusiasmante saga del rock and roll. Qualche esempio: Patti Smith nel 1971 “era nota soprattutto per la bellezza particolare e per la tendenza a legare con chiunque, purché famoso” (data l’irrilevanza musicale di Patti Smith nel 1971, perché tirarla in ballo? Solo per ricordare che era una groupie e che aveva posato a seno nudo per Time Out? Sta semplicemente usando la sua fama e reputazione). A Bettye Kronstad, moglie di Lou Reed, va molto peggio: definita “una bella ragazza, ex cameriera”, forse per la sua colpevole normalità quasi si merita di andare in giro “con un occhio nero che non guariva mai” (Glenn O’Brien, direttore di Interview). Per la cronaca, oltre ad essere un studentessa della Columbia University, Kronstad ebbe un ruolo cruciale nel rilanciare la carriera di Lou Reed dopo i Velvet. Nel periodo in cui rimasero insieme pubblicò Lou Reed (1972), Transformer (1972) e Berlin (1973). Leggete la sua versione in questo articolo dell’Independent.
Avrete forse sentito parlare del famigerato Shark Episode, che tanto ispirò Frank Zappa e che ebbe per protagonisti i Led Zeppelin, i Vanilla Fudge e una groupie. Esistono varie versioni della vicenda, tutte dei protagonisti maschili secondo i quali la groupie (senza nome, di lei si sa solo che era rossa dai capelli al pube, per cui era “molto divertente” usare come dildo un dentice rosso) era consenziente. Ma in 1971 Hepworth la definisce una “aggressione sessuale” e scrive che “la storia veniva ritenuta esilarante”. Che bisogno c’è di dire che Marianne Faithfull passò in cella la notte del matrimonio di Jagger con Bianca Pérez-Mora Macías, dopo un’iniezione di Valium e tre vodka martini? E’ “malevolenza” dire – come fa Faithfull nelle sue memorie – che gli sposi si assomigliavano e che Mick ha sposato se stesso (sempre pensato lo stesso anch’io!), o è malevolenza quella di Hepworth che cita per puro pettegolezzo l’episodio, inizio di anni drammatici per Marianne, finiti solo nel ’79 con un disco capolavoro come Broken English? (Nel 1970 aveva tentato il suicidio, nel 1971 il produttore Mike Leander la trovò per le strade di Soho, dove visse per due anni, e cercò di rilanciare la sua carriera producendo l’album Rich Kid Blues, pubblicato solo nel 1985).
Il politicamente corretto di Hepworth si risveglia a sorpresa quando nota che in un documentario su Zappa le GTOs fumano a pochi centimetri dalla faccia di un bambino. Lo chiama “atteggiamento blasé dell’epoca”.
Che facevano le donne nel 1971 a parte andare a letto con i colleghi e con le rockstar e andare a comprare la penicillina per i mariti che, come Zappa, tornavano a casa con lo scolo? Incredibile ma vero, facevano grandi dischi che ancora oggi la critica musicale ostinatamente fallocentrica continua a dimenticare.
Qui trovate una lista di alcuni dischi che meritano più di un ascolto. Presto saranno accompagnati da recensioni scritte da giornaliste musicali.