Il primo museo condominiale del mondo ha aperto l’anno scorso a Roma, in Viale di Tor Marancia. E’ un museo all’aperto, espone opere di grandi dimensioni di 22 artisti internazionali, è costato poco (meno di 200mila euro), è più frequentato di altri musei di arte contemporanea della capitale e, anche se non c’è biglietto d’ingresso, è piuttosto redditizio. A guadagnarci sono le circa 500 famiglie che da generazioni vivono nelle case popolari dell’Ater: con gli introiti generati dal loro museo – di cui sono gestori oltre che proprietari delle opere, presto potranno pagarsi le spese di riscaldamento. Da quando a Tor Marancia ci sono i murales, c’è un flusso di visitatori, turisti, troupe televisive e cinematografiche e di fenomeni curiosi. I curatori ricevono messaggi, soprattutto dalla Gran Bretagna, di persone che vogliono andare ad abitare nella “Blossom House” (vedi foto di copertina), mentre a volte i fedeli si raccolgono in preghiera davanti al Bambino Redentore. Chissà che anche la Madonna di Tor Marancia presto non avrà il suo flusso di pellegrini.
Quelli citati sono tre dei 22 murales realizzati nello storico Lotto 1 della ex borgata creata alla fine degli anni ‘20 quando, su terreni non proprio salubri, qui si insediano gli sfrattati dal centro di Roma, dove Mussolini sta sventrando il Borgo per creare Via della Conciliazione. A Tor Marancia nasce una specie di ghetto con 40 abitazioni tirate su in fretta e chiamate “case rapide”, di una sola stanza, con pavimenti in terra battuta e servizi igienici in comune. In fondo al viale c’è un laghetto che in autunno esonda; le palafitte che vengono tirate su danno alla borgata il soprannome di Shanghai: uno degli abitanti sostiene che i pesci saltavano direttamente dall’acqua alla padella sul fornello. Nel 1948, con la legge De Gasperi sul risanamento delle borgate, si costruiscono i primi veri edifici e poi il resto delle attuali case popolari che l’anno scorso hanno letteralmente cambiato facciata grazie a Big City Life e a 999Contemporary. La sfida era provare a generare un cambiamento nella vita quotidiana delle persone grazie all’arte, superando la semplice funzione estetica di decoro di una zona grigia.
Il progetto trova il luogo ideale di realizzazione nel comprensorio di Tor Marancia, un quartiere nel quartiere, un villaggio nella città. Rotto il ghiaccio con i “ragazzi del muretto”, mediatori culturali fra curatori e residenti, e stabilito un rapporto di fiducia, il progetto parte con il primo muro a maggio 2014: Seth e il Bambino Redentore che in punta di piedi invita a sbirciare dentro per scoprire il tesoro artistico urbano nella ex borgata. Ma entrare nelle grazie della comunità è stato laborioso: è stato necessario vincere la diffidenza, spiegare perché si dipingevano i muri e non si riparavano i tetti, convincere della genuinità del progetto. Durante la visita qualche giorno fa, una delle signore si è affacciata alla finestra e rivolta al curatore Stefano Antonelli gli ha cordialmente intimato: “Te devo parla’. Si me sali ‘n’attimo”. Quando si pensa a Roma, molti la identificano con Caciara & Megalomania, ignorando che il romano può essere maestro del minimalismo più sublime: che non sta in quell’infinito tronco e nemmeno nell’apparente modestia del breve impegno temporale richiesto (‘n’attimo), bensì in quei due temibili monosillabi (“se” e “me”), mai così eloquenti e incisivi.
Ottenuti i permessi dall’Ater e dal Municipio, al budget di 999Contemporary (90mila euro) si aggiungono sovvenzioni dalla Fondazione Roma e dal Comune. Gli artisti invitati sono 22, le opere nascono sul posto, sono legate al luogo, ai suoi abitanti e alle loro vite, alle curiosità sollecitate dalla storia del comprensorio e da quella ancora più immensa e ingombrante della città. Waterfall di SatOne (“il peggior Vandalo di Monaco di Baviera”) prende il titolo da ciò che avveniva mentre il graffitista tedesco rifletteva davanti al muro e ragionava sul da farsi: due dirimpettaie hanno conversato fittamente per tutto il tempo e le loro parole erano come una cascata d’acqua.
Altri titoli vengono da osservazioni casuali di una passante Il Vento di Moneyless), altre opere sono ispirate alla storia drammatica di un condomino, a cui è dedicato il più grande e poetico errore di ortografia nella storia dell’arte (Lek & Sowat, Veni vidi vinci). Ovunque ci sono messaggi in codice e dediche agli abitanti, come il volto anonimo della Pasionaria realizzato con velature a spray caldo/freddo da Guido Van Helten. I murales di Tor Marancia vanno dal figurativo all’astratto al concettuale (il muro vuoto di Brad Downey, che ha speso il suo budget per realizzare i desideri dei condomini del palazzo) e tutti gli abitanti sanno distinguere l’uno dall’altro, a differenza di molti studenti liceali.
Alla fine del tour di questa galleria condominiale di arte partecipata, approdata alla Biennale di Venezia, non dimenticate di fermarvi al “gift shop” per comprare il libro (999Contemporary, Castelvecchi) che racconta il progetto e i 22 murales: è il negozio di alimentari gestito dal ragazzo bengalese vicino all’entrata.
2 Comments