Qualche settimana fa, scendendo dal Gianicolo in una giornata di tiepido sole, mi sono fermata al Mercato di Testaccio. Era ora di pranzo e ho posteggiato proprio sul lato più vicino al banco di Cristina Bowerman, Romeo Chef & Baker al Box 44. Da quando non sta più nella piazza, il mercato è molto cambiato: nonostante le rovine archeologiche, la nuova sede lo fa assomigliare a qualsiasi altro mercato coperto di qualsiasi città europea. E’ tutto molto grazioso, ordinato, Ikea-style e di tendenza (molti stand bio e vegan), anzi tutto molto caruccio, come si direbbe a Roma, e gentrificato.
Ho provato la stessa strana sensazione a Dublino in una caffetteria decorata con piante di ulivo e di lavanda: non sai più se sei in Provenza, in Puglia, nell’Isola di Smeraldo o, nella peggiore delle ipotesi, nella tavola calda del supermercato dell’arredamento svedese a colpi di brugola. Il nuovo Mercato di Testaccio è più un centro commerciale che un mercato vociante, vivo e popolare. Ma perlomeno ci sono le rovine romane a vista che ci ricordano che qui, sin dai tempi del primo Impero Romano, dal porto fluviale partivano e arrivavano carichi di anfore, diventate il simbolo storico del rione (l’area archeologica si può visitare in occasioni speciali, prenotazioni dal sito del mercato).
Si capisce che siamo a Roma anche dalla mercanzia in vendita al Box 15: il Panino Romanesco di Sergio Esposito mette i piatti tipici della cucina romana in mezzo a due fette di pane (allesso di scottona, polpette di bollito, picchiapò, salsicce e cicorietta, carciofo alla romana con scaglie di pecorino, trippa, polpette fritte o al pomodoro, stracotto di vitello o di pollo). Davanti al banco c’è la ressa, non ci si azzuffa solo grazie ai numeretti.
Il banco di Cristina invece è forno, negozio di prelibatezze e ristoro. Dal menù scelgo la crema di cicerchia con scarola ripassata, accompagnata da un bicchiere di merlot Vitiano. La crema è deliziosa, la consistenza vellutata, gustosa e delicata. Faccio qualche domanda ai ragazzi dietro il banco e riesco a farmi dare la ricetta dal cuoco! L’ho rifatta qualche giorno dopo a casa, un po’ scettica, invece è venuta identica, oserei dire. La preferisco alla crema di ceci, dal sapore più forte. La cicerchia è un legume antico, un alimento povero della tradizione contadina (si coltiva soprattutto nelle Marche, Umbria e Puglia), ma ha grandi proprietà nutritive: è ricca di proteine, fibre, calcio, vitamine del gruppo B e fosforo. La preparazione non richiede molto tempo. Vi serviranno:
1 confezione di cicerchia (se è decorticata, non serve metterla in ammollo);
per il soffritto: cipolla, carota, sedano, zucchina,
1 pianta di scarola
aglio, olio EVO, sale, pepe
pane per crostini
Cuocere la cicerchia in acqua bollente non salata (io ho aggiunto un paio di foglie di alloro, ma anche il rosmarino ci sta bene). Il legume deve essere coperto da almeno 4 dita di acqua. Controllare la cottura dopo 50 minuti dalla ripresa del bollore. Eventualmente aggiungete altra acqua bollente.
Mentre la cicerchia cuoce, pulite e lavate la scarola, poi tagliate le foglie a metà. Fate dorare l’aglio nell’olio, aggiungete la scarola scolata ma non asciugata e fate ripassare, aggiustando di sale. Volendo potete aggiungere un pizzico di peperoncino all’aglio. A cottura ultimata, tagliatela a pezzetti più piccoli e mettete da parte.
Fate saltare nell’olio cipolla, sedano, carota e zucchina e aggiungete le verdure alla cicerchia. Frullate con il minipimer; per avere una consistenza liscia e cremosa, passate al setaccio. Regolate di sale e pepe.
Preparate i crostini (potete condire il pane con olio e origano prima di tostarlo).
Versate la crema nella ciotola, aggiungete qualche cucchiaiata di scarola e i crostini a piacere. Completate con un giro di olio EVO e volendo qualche fogliolina di timo fresco.
Si accompagna bene con un Vitiano rosso, vino dall’ottimo rapporto qualità prezzo, che fa coppia onesta con il nostro legume povero ma squisito. Aspetto commenti.
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