E’ il posto più incredibile, emozionante, divertente, assurdo, spirituale in cui sia mai stata. Una botta potentissima che scombussola il centro di coordinamento emotivo: appena entrata ridevo e avevo gli occhi pieni di lacrime, effetto di un corto circuito di sacro e profano. Sembra di stare in un film di Spielberg: non sul set, dentro la pellicola. La Sagrada Familia è un’opera di dimensioni sovrumane, un perenne work in progress (data di completamento stimata intorno al 2025), concepita in ogni minimo dettaglio da Gaudì, architetto geniale, assurdo e maniacale: a un certo punto, continuando a visitare le sue opere, si ha l’impressione che avrebbe ricoperto il mondo di mosaici piastrellati. Il fato l’ha fermato prima che ci riuscisse. Il Parque Güell non mi piace, non ne capisco il senso. Ma la Sagrada Familia è un luna park per l’anima.
All’ora di pranzo fuori stagione non c’è fila, basta sborsare l’esosa somma di circa 18 euro, più dei Musei Vaticani (15 per la chiesa, 3 per l’ascensore, un extra raccomandato), ma è un’esperienza irrinunciabile. Una foresta dove perdersi, uscire dal tempo, e volendo anche pregare, con il Cristo in croce più leggiadro e meno cruento che abbia mai visto nella mia vita di cattolica per forza. Sembra un Cristo sulla giostra, che sta spiccando il volo, proteso verso l’alto, contornato da lucine colorate come in un albero di Natale. E’ una visione di gioia, non di sofferenza.
Saliamo anche noi verso le cime più alte che si possono visitare, in mezzo a torri che non smettono di crescere, gru, e ancora statue e decorazioni altrimenti non percepibili da occhio umano. Un monaco folle Gaudì. La sua morte mi ricorda quella di Billie Holiday: lei non fu curata perché nera, lui perché quando finì sotto a una carrozza, nessuno riconobbe che era l’architetto più amato in città e i soccorsi furono lenti. Pensavano fosse un barbone.
Quando si arriva in cima a un’altezza di per sé vertiginosa, ci si accorge che le torri in costruzione lo sono quasi altrettanto. Difficile mantenere il senso delle proporzioni. C’è tutta la città davanti: dall’insulso cetriolo fallico che domina il paesaggio, alla pianta a manzanas che arriva fino al mare.
Quando si scende le sorprese non sono ancora finite, perché Gaudì aveva trovato il tempo – non so come, non so quando – di disegnare anche la scuola per i figli degli operai del cantiere: una casina proprio accanto alla basilica, con il tetto ondulato, un’opera d’arte anch’essa (doveva essere una scuola fichissima con le lezioni di geografia all’aperto, in cui si riproducevano i continenti con gli oceani e le catene montuose in giardino: altro che video 3D). Oggi nelle ex aule ci sono alcuni modelli degli studi sui pesi per le volte (appendeva sacchi a degli spaghi), delle colonne semitornite e i pochi resti dei suoi plastici minuziosi, purtroppo distrutti dagli anarchici nel ‘36.
Per me è il posto più bello del mondo. Forse non lo scambierei solo con la Basilica di S. Francesco ad Assisi.
Pranzo-merenda da Laie, a Pau Claris 85. Sopra un intero piano bistrot, con terrazza attrezzata anche per i pomeriggi meno tiepidi, sotto una bella libreria. Ambiente molto accogliente e rilassante e un intero reparto su Gaudì e il Modernismo.
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