Sembra strano scrivere tanto dei pintxos, piccoli bocconi prelibati che spariscono in fretta dal piatto in cui vengono serviti, con una fettina di baguette e un sorso di vino di accompagno. Ma se si pensa a quanta dedizione e ricerca, a quanto lavoro richiedono queste mini glorie gastronomiche, da quelli rustici e tradizionali a quelli di avanguardia, forse vale la pena scriverci sopra altrettanta letteratura. Altre volte ho raccontato le regole e l’etichetta per un corretto consumo e degustazione dei pintxos. Le norme vanno osservate non solo dai consumatori, ma anche dai produttori. A spasso per il Casco Viejo di San Sebastian, Gabriella Ranelli mi spiega sotto voce che così come è un orrore vedere i piatti carichi di pintxos dei turisti ingordi, altrettanto scorretto è il comportamento di certi bar che incoraggiano la degustazione a buffet. È un’offesa alla sacra arte del txikitear, del girovagare di bar in bar un pintxo e un mezzo bicchiere dopo l’altro, chiacchierando, intrattenendosi, passando la serata. Il consumo di pintxos a buffet è una trasgressione a questa tradizione e una concorrenza sleale. Se il cliente si abbuffa in un solo bar, gli altri ne soffrono. La tradizione vuole invece che si faccia il giro dei locali preferiti, ognuno dei quali ha la sua specialità. Così si vive tutti felici e contenti.
A San Sebastian i locali migliori sono famosi per un pintxo in particolare. Questo vale anche per la tradizionale tortilla: da quella di baccalà del Bar Valles in Calle de Los Reyes Catolicos, a quella di anchoas de La Viña, entrambe squisite, alla Tortilla di Nestor. Innanzitutto bisogna spiegare che cos’è Nestor. Un bar che apre alle 12 e alle 19, dove non ci sono pintxos sul bancone, sololas gildas (il pintxo basico: anchoa, aceituna y guindillla, alice, oliva, piccolo peperone verde), dove c’è un solo tavolo, la emblemática “Mesa 19”, che bisogna prenotare con molto anticipo, e dove le specialità sono almeno quattro: l’insalata di pomodoro (su también famosisima ensalada de tomate), i pimientos verdes de Gernika, la bistecca (Chuleta de Buey) e la tortilla.
Ci sono voluti tre anni prima che io riuscissi ad assaggiarla. Non che io ci abbia provato sistematicamente. Il fatto è che la tortilla di Nestor dura poco più di un attimo, o meglio: dura lo que se tarda en repartir entre los clientes que ya están esperando en la barra a que salga. (dura il tempo che ci vuole a fare le porzioni per i clienti che già stanno aspettando al banco che esca). Nestor officia il rito solo due volte al giorno, alle 13 e alle 20. Ogni tortilla accontenta meno di 20 persone. Per questo è necessario apuntarse, prenotarsi un po’ prima dell’uscita, e arrivare puntuali all’appuntamento. La sera è molto più difficile che a pranzo. Durante l’alta stagione diventa un impegno riuscire ad accaparrarsela. Ma un venerdì di fine agosto sono stata fortunata.
Che cos’ha di speciale la tortilla di Nestor? Partendo dal postulato che una tortilla non è una frittata, è in tutto e per tutto diversa dalle altre: molto tenera, perfino liquida dentro, con le cipolle caramellate, e ricchissima di sapore. Nella foto sembra che abbia un ripieno, ma ci sono solo cipolle e patate. Anche Nestor sembra burbero, ma non lo è.
Bar Bestor, C/Pescaderia 11 Donostia www.barnestor.com
(pubblicato nel settembre 2012 su www.paoladeangelis.tumblr.com)
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